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Buongiorno e benvenuti in un nuovo video. L’argomento di oggi è l’economia agraria, e in particolare il calcolo del capitale di anticipazione.

Lo studio si occupa infatti di anche consulenza alle aziende agricole. Una consulenza chiaramente di tipo economico finanziario e non di tecnica agraria. In questo contesto ci occupiamo della scrittura del bilancio preventivo o consuntivo dell’azienda agraria e delle riconciliazione del bilancio agrario con quello utilizzato per le altre attività produttive, con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito alle aziende agrarie.

Fino al 1942, l’economia agraria, e con essa l’economia dell’azienda agraria, non era considerata attività di impresa. L’ordinamento legislativo di allora, considerava l’agricoltura come un modo di esercitare il diritto di proprietà e solo con la codificazione dell’ordinamento legislativo del 1942 l’attività agricola assurge ad attività di impresa.

Il bilancio di un’azienda agraria viene scritto come una modalità molto diversa dalle forme canoniche di bilancio che abbiamo esaminato nei video precedenti.

Le ragioni di questa differenza sono molteplici e storiche, a partire dal fatto che il bilancio di un’azienda agraria ha origini prettamente estimative. L’Estimo è una scienza che si studio nelle Facoltà di Agraria e anche in quelle di Economia e si definisce come la disciplina che ha la finalità di fornire gli strumenti teorici e metodologici per la valutazione di beni per i quali non esiste un apprezzamento univoco (stima).

In questo contesto oggi ci occupiamo appunto del cd capitale di anticipazione. La sua definizione è propria dell’economia agraria ed è poco conosciuta nelle discipline economiche degli altri settori produttivi.

L’entità del capitale di anticipazione può variare in funzione dell’indirizzo produttivo dell’azienda ed addirittura annullarsi in quegli indirizzi dove le produzioni si ottengono lungo tutto l’arco dell’esercizio amministrativo, come la produzione del latte, per esempio.

La formula

Il procedimento di stima della sua entità capitallizza al tasso di interesse corrente la differenza tra gli interessi passivi e quelli attivi, derivanti dalla gestione dell’attività dell’azienda.

Dove

Ip= gli interessi generati dei flussi monetari relativi ai costi variabili dell’attività produttive condotte dall’azienda e dei costi fissi espliciti. I primi considerati nel momento in cui vengono richiesti dalle attività che chiudono il ciclo nell’esercizio amministrativo, indipendentemente dall’esercizio in cui sono sostenuti, i secondi relativi invece all’esercizio amministrativo.

Ia = gli interessi attivi relativi ai flussi monetari prodotti dai ricavi generati dai processi produttivi, anch’essi all’esercizio amministrativo in corso

Avremo quindi:

Fra il capitale di anticipazione e la reale consistenza del capitale circolante dell’impresa non esiste alcun tipo di nesso.

Ma come si è arrivati alla necessità di definire il capitale di anticipazione?

Per rispondere a questa domanda si deve far riferimento ad alcuni concetti dell’estimo, in particolare alla stima analitica dei fondi.

Il valore di un fondo V0 si ottiene capitalizzando il beneficio fondiario ovvero:

Il beneficio fondiario corrisponde all’interesse annuo che un capitale V0 maturerebbe se posto fruttare al tasso r (Tasso di capitalizzazione).

Il beneficio fondiario si ottiene dall’equazione di uguaglianza usata per il bilancio dell’azienda agraria. Faremo un video prossimamente per il momento la formula è questa:

Attenzione che nell’estimo i termini di questa espressione si riferiscono ad un’azienda condotta da un imprenditore astratto ordinario nella quale, per definizione, il valore del tornaconto è nullo.

Dall’esame della formula si evince che, per determinare il beneficio fondiario, si deve assegnare un compenso al capitale di esercizio (Bi) attribuendogli un certo tasso di interesse.

Direi che è il caso di fare un esempio per chiarire questi concetti:

Supponiamo che un imprenditore agricolo decida di acquistare un certo quantitativo di fieno il 1 agosto e di rivenderlo il 31 dicembre.

Per questa attività il nostro imprenditore impiega un capitale C pari a 50.000 € e ricava, il 31 dicembre, una somma di 70.000 €.

Il reddito è di 20.000 € ma in questa somma è inclusa anche la remunerazione del capitale impiegato che figura come un costo implicito.

Imprenditore, infatti, ha usato dei suoi risparmi che avrebbe potuto impiegare in altre forme di investimento.

L’ammontare dell’interesse (I) che il capitale avrebbe maturato nei cinque mesi (t) se non fosse stato distolto dal suo investimento originario, supponendo che stesse sfruttando un interesse (r) del 2% e dato da:

Qual è quindi il capitale di anticipazione che l’imprenditore ha anticipato nell’anno, ossia all’inizio dell’esercizio amministrativo fissato al 1° gennaio?

Anticipare 50.000 € per cinque mesi, indipendentemente dal tasso di interesse, equivale ad anticipare 20.850 € per l’anno intero.

In sostanza, è come se l’imprenditore, all’inizio dell’esercizio amministrativo, immobilizzasse 20.850 € delle sue disponibilità finanziarie. Questo importo infatti produce interessi attivi in grado di annullare quelli passivi derivanti dalla gestione dell’attività.

E questa è proprio la definizione attribuita al capitale di anticipazione.

Ne consegue, quindi, che se l’attività condotta in un’azienda prevede dei cicli molto brevi, con incassi, il capitale di anticipazione può assumere un valore negativo, in quanto gli interessi attivi maturati sui ricavi, commisurati alla chiusura del registro amministrativo, superano gli interessi passivi calcolati sulla medesima base temporale.

Ad esempio: se nel caso precedente l’imprenditore agricolo anticipassi tutto di un mese, ovvero acquistasse il 1° luglio per rivendere il 30 novembre, il capitale di anticipazione diminuirebbe, perché l’imprenditore potrebbe contare sugli interessi attivi dei 50.000 € originari più i 20.000 del reddito per tutto il mese di dicembre.

 


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