La guerra dei Dazi tra Cina e USA e i possibili scenari futuri
La guerra dei Dazi tra Cina e USA e i possibili scenari futuri
La disputa tra le due più potenti nazioni del mondo ha avuto inizio il 6 luglio del 2018.
La rivalità delle due superpotenze si è espressa a livello economico, sotto forma di imposte indirette: i dazi. Dazi che il presidente americano Donald Trump ha deciso di applicare su 818 beni importati abitualmente dalla Cina come componentistica di automobili, apparecchiature medicali, dispositivi per l’aerospazio o per l’Information Technology.
Il balzello doganale dovrebbe ammontare al 25% sull’import di acciaio e del 10% su quello dell’alluminio.
Gli effetti di questa decisione protezionistica di Trump sull’economia mondiale non sono ancora molto chiari, ma Keith Wade (capo economista e strategistdella casa d’investimenti britannica Schroders) preannuncia già tre possibili scenari:
- Il dollaro in ripresa, che riguarderebbe un possibile rafforzamento del dollaro sul mercato valutario.
- Inflazione o stagflazione, l’aumento dell’inflazione potrebbe verificarsi a seguito dell’applicazione di imposte aggiuntive sui beni di consumo di uso quotidiano come l’abbigliamento, le calzature e gli elettrodomestici. Tuttavia potrebbe verificarsi persino uno scenario di stagflazione, cioè di stagnazione del PIL, accompagnata da un contemporaneo incremento dei prezzi superiore al previsto.
- Made in Usa nel mirino, l’ultimo effetto collaterale potrebbe essere una dura ritorsione da parte della Cina verso le aziende statunitensi che operano sul suolo della Repubblica Popolare. Nel 2017 General Motors ha venduto più auto in Cina che nella madrepatria e nel paese del dragone il numero di iPhone attivi è il doppio che negli Stati Uniti. Sebbene la Cina non abbia un grande desiderio di prendere di mira le società americane, questa possibilità rappresenta uno strumento potente nell’arsenale di Pechino (K. Wade). A questo proposito, c’è un precedente importante che fa riflettere e cioè il boicottaggio che il governo cinese ha attuato nei confronti del gruppo coreano della grande distribuzione Lotte, quando il governo di Seoul ha deciso di installare un sistema di difesa missilistico non gradito a Pechino.
Le conseguenze della disputa per i mercati europei
Gli effetti del protezionismo trumpiano sull’economia europea sono stati calcolati da alcune associazioni come Eurofer (un’azienda all’avanguardia nella produzione di acciaio), che hanno ricordato a quanto ammonta l’export di questo materiale dall’Europa verso gli Stati Uniti, che risulta pari a 5 milioni di tonnellate. Il valore economico delle esportazioni europee di acciaio si aggira quindi attorno ai 4-5 miliardi di dollari e l’incidenza di un dazio del 25% rientrerebbe nell’ordine di appena 1 miliardo.
Il peso dei balzelli sull’alluminio ammonterebbe invece a qualche centinaio di milioni di euro, poiché il valore delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti di quest’altro materiale è più contenuto e frutterebbe solamente 1,2 miliardi di euro all’anno.
Più che l’incidenza dei dazi, ciò che preoccupa gli imprenditori sarebbe l’effetto collaterale del protezionismo, che porterebbe alla perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, a causa di nuovi squilibri sul mercato. I materiali ferrosi di altri paesi, infatti, trovando un argine nelle politiche doganali statunitensi, potrebbero riversarsi in Europa, generando un’offerta sovrabbondante sul mercato e danneggiando fortemente la produzione interna.
Le reazioni delle autorità europee
Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ha affermato “ciò che hanno fatto gli Stati Uniti possiamo farlo anche noi”. Tuttavia c’è da chiedersi quanto valga la pena intraprendere una guerra commerciale con gli USA.
Antonio Gozzi, presidente di Federacciai (l’associazione di categoria delle imprese siderurgiche italiane) ha invece snocciolato qualche numero su cui riflettere: “l’acciaio prodotto nel nostro Paese oggi costa ben 200 dollari a tonnellata in meno rispetto a quello americano. Anche in presenza di dazi salati, rimarrebbe competitivo, almeno in uno scenario in cui i prezzi medi di mercato della materia prima restano sui livelli attuali. Dunque, prima di imbracciare le armi e imporre dazi sui jeans Levi’s, sul burro d’arachidi o sulle Harley Davidson, è bene pesare attentamente sul piatto della bilancia tutti i pro e contro”.
Fonti:
https://www.panorama.it/economia
https://www.repubblica.it
http://www.wallstreetitalia.com