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Una recente Sentenza della Corte Costituzionale boccia il criterio d’indennità di licenziamento. 

Vediamo le possibili conseguenze:

La Corte Costituzionale smonta una parte della riforma fortemente caldeggiata dal governo precedente: il “Jobs Act”.

Tale riforma andrebbe infatti contro gli articoli 4 e 35 della Costituzione Italiana, che tutelano il diritto al lavoro.

In una nota la consulta dichiara illegittimo il sistema di calcolo dell’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato nei nuovi contratti a tutele crescenti.  Questi nuovi tipi di tutele, entrati in vigore dal 7 marzo del 2015, hanno sostituito la reintegrazione tramite indennizzi monetari crescenti sulla base dell’anzianità di servizio del lavoratore. L’Italia è il paese con le indennità più alte nel caso dei licenziamenti illegittimi.

A tale proposito è intervenuto il Decreto Dignità, che ha legiferato stabilendo che l’indennizzo deve essere pari ad almeno 6 mensilità, fino a un tetto massimo di 36 mensilità.

QUALI SARANNO LE CONSEGUENZE DI QUESTA DECISIONE?

Nei prossimi giorni la sentenza completa verrà resa nota e si capirà quali potrebbero essere le conseguenze di questa decisione: probabilmente questo comporterà una maggiore autonomia da parte dei giudici nel determinare, caso per caso, l’ammontare degli indennizzi.

In un’intervista de “Il Sole 24 Ore” il giuslavorista Giampiero Falasca spiega:” L’impianto del Jobs Actè confermato, ma annulla il criterio di quantificazione del risarcimento escludendo che passa legarsi solo all’anzianità lavorativa. Il giudice quindi potrà decidere caso per caso”. Anche il giornalista e giurista Pietro Inchino è dello stesso avviso, in un suo recente twitter si può leggere: “l’effetto pratico sarà un aumento dell’alea del giudizio, quindi del contenzioso giudiziale (i grandi beneficiati sono gli avvocati). Ma è probabile che i giudici finiscano col non discostarsi molto dal criterio stabilito dalla legge”.

QUALCHE NUMERO…

Per avere un’idea un po’ più chiara delle quantità di cause di licenziamento che ogni anno arrivano in tribunale vengono di seguito riportati alcuni numeri, riferiti in un articolo de “Il Sole 24 Ore”.

Nel 2017 i licenziamenti in Italia sono stati 890mila, l’8,8% del totale delle cessazioni dei contratti di lavoro. Nello stesso anno sono stati avviati in Tribunale 20.580 procedimenti nel settore privato, meno dell’8% rispetto al 2016.

Alla fine dell’anno scorso risultavano 17.724 pendenze, mentre l’anno precedente ne aveva contate ben 19.000.

Complessivamente quindi si può dire che le cause sono diminuite di numero da un anno all’altro, tuttavia non sono diminuite di complessità!

In Italia i licenziamenti illegittimi sono soggetti ad un’enorme quantità di sanzioni e regimi diversi, che variano a seconda della data di assunzione del dipendente.

Con il “Jobs Act” si è creato uno spartiacque coincidente con la data del 7 marzo 2015, a partire dalla quale la sanzione generale consiste in un pagamento dell’indennità economica da quantificare dal giudice del lavoro. La reintegrazione sul posto di lavoro annessa ad eventuale risarcimento, si applica solo nei casi in cui il licenziamento disciplinare sia basato su fatti materiali inesistenti.

In generale i fattori che influiscono sulla reintegra o sul licenziamento del dipendente variano in base al settore (pubblico o privato) e in base alla dimensione dell’azienda (piccola o grande).

 

Fonti:

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-09-26/licenziamenti-jobs-act-ora-20mila-cause-decidera-giudice-caso-caso-172849.shtml?uuid=AEgcdQ9F

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-09-26/un-altra-stoccata-jobs-act-e-torna-l-incertezza-indennizzi-150550.shtml?uuid=AEyM0N9F

 


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