Quando una start-up cerca un investitore deve rispondere ad una serie di domande: quanto cedere al venture e per quanto? In altre parole: quanto vale un’azienda o una start-up? A quanto ammonta il pre-money? E il post-money?
La valutazione di un’azienda è un argomento oltremodo complesso sul quale si dibatte da decenni.
Numerosi sono gli approcci e altrettanto numerose le scuole di pensiero. Ben lungi dal pensare di essere i depositari di una verità, in Financial Researches seguiamo quella che crediamo essere una metodologia obiettiva nel dare risposta all’annosa domanda: “Quanto vale un’azienda?”.
Se questa domanda è complessa per un’azienda stabile, che opera in un mercato conosciuto e magari è quotata in borsa, diventa un vero enigma per una start-up, per la quale non ci sono track record, ha probabilmente profitti negativi e non c’è una chiara distinzione fra proprietà e management.
Eppure se una start-up cerca un venture capitalist, ha bisogno di una valutazione oggettiva e dalla metodologia condivisa. Troppo spesso abbiamo a che fare con start-up che “sparano” una valutazione post-money con numeri totalmente a caso.
Come detto, esistono vari metodi per calcolare il valore di un’azienda e nessuno è perfetto. Tutti, compreso il nostro, sono soggetti a interpretazioni soggettive che possono non essere condivise. Noi abbiamo scelto il metodo che ci sembra più rigoroso.
Il metodo del Discounted Cash Flows (DCF)
Con questo metodo si scontano i flussi di cassa futuri con il costo medio ponderato del capitale (WACC).
Il WACC è calcolato come:
WACC = Ke We + Kd Wd (1-t)
Dove:
Ke = Costo del capitale di rischio (Cost of equity)
We = % di equity nella struttura di capitale
Kd = Costo del debito a lungo termine (Cost of debt)
Wd = % di debito a lungo termine nella struttura di capitale
t = Aliquota di tassazione corporate
Il Costo del capitale di rischio (cost of equity)
IL CAPM
La base di partenza è il CAPM, Capital Asset Pricing model, proposto da W. Sharp nel 1964 e che frutto il Premio Nobel per l’Economia a suoi sviluppatori, M.M. Miller e H. Markowitz.
In breve, il CAPM stabilisce una relazione tra il rendimento di un titolo e la sua rischiosità, misurata tramite un unico fattore di rischio, detto beta. Il beta misura quanto il valore del titolo si muova in sintonia col mercato.
Non è questa la sede per entrare nei dettagli di questa teoria ma possiamo sicuramente affermare che il CAPM, è la metodologia universalmente più accreditata per valutare le grandi aziende e i loro progetto di investimento.
E qui viene il punto: una start-up non è un’azienda quotata. Chi vi investe non ha i presupposti del cd “investitore marginale” (detentore di un portafoglio ben diversificato di titoli) quindi, secondo alcuni, il CAPM non si può applicare alla valutazione di PMI e start-up. Pertanto vengono utilizzati metodi che utilizzano i moltiplicatori di Vendite e EBITDA come proxy.
Noi crediamo che questa obiezione sia errata e che le metodologie di cui sopra siano soltanto più semplici e facili da spiegare. Ma non corrette. Il CAPM negli anni si è affinato ed evoluto e grazie al lavoro di importanti accademici (S. Pratt, R. Graboski e A. Damoradan, quest’ultimo l’equivalente di una rockstar in finanza aziendale) e ai dati raccolti e interpretati da multinazionali della consulenza aziendale come Duff&Phelps, Morningstar, E&Y, permette di rispondere alla nostra domanda originale con una procedura obiettiva e chiara.
La filosofia di base:
Un’azienda vale sulla base dei profitti futuri che sarà in grado di generare. Questo è valido per una multinazionale o per una start-up. Nessuno investe sulla base dei profitti passati, o degli asset presenti in azienda.
Il CAPM permette di calcolare il cost of equity, ovvero il tasso di rendimento richiesto dagli investitori in capitale di rischio. Lo si fa partendo dal rendimento dei una security priva di rischio (risk free rate) ed aggiungendo ad essa l’ERP (equity risk premium) moltiplicato per un coefficiente beta
La formula è quindi:
Ke = Rfree + B ERP
Dove:
Ke = Cost of equity.
Rfree = Tasso di rendimento di una security priva di rischio (T-bond americani o Bund a 10 anni o security di altra nazione cui si somma uno spread).
B = Correlazione dell’andamento di un’azione con il suo mercato.
ERP = Equity risk premium, tasso di rendimento richiesto dagli investitori per investire in un portafoglio ben diversificato di azioni anziché in una security a rischio zero.
Il size risk
Questa equazione però è stata pensata per aziende a grande capitalizzazione. In media, le aziende più piccole ottengono rendimenti più adeguati al rischio. A lungo termine, rendimenti più elevati sono correlati con un rischio più elevato. Il rendimento aggiuntivo delle società più piccole non si riflette pienamente nel CAPM (ovvero il beta è sottostimato). Per riflettere in modo più adeguato il rischio aggiuntivo delle società più piccole, il costo dell’equity derivato dal CAPM viene adeguato con un size premium risk.
Il rischio non sistematico
Allo stesso modo, nelle start-up o nelle PMI, il rischio non sistematico è molto più elevato che nelle aziende a grande capitalizzazione. Per rischio non sistematico si intende:
- Concentrazione di clienti
- Dipendenza da persone chiave (key person)
- Dipendenza da fornitori chiave
- Alta concorrenzialità
- Volatilità dei profitti
- Forze/debolezze del management
L’ equazione precedente viene quindi così riscritta:
Ke = Rfree + B ERP + RS + Ru
Dove:
RS = Risk size premium
Ru = Risk premium attributed to the specific company
Il costo del debito
La struttura di capitale di un’azienda può incorporare anche debito a lungo termine (anche se per le start-up la cosa è abbastanza rara). Nel calcolo del WACC si deve inserire anche il costo dello stesso, valutato come il tasso di interesse che l’azienda dovrebbe pagare per finanziarsi al momento in cui viene fatta la valutazione. Il costo storico del debito non ha, in questa procedura, alcun valore.
La valutazione
Una volta calcolato il WACC i flussi di cassa vengono scontati al tasso ottenuto e sommati algebricamente agli investimenti richiesti per lanciare l’attività. Il valore ottenuto (NPV Net present value) corrisponderà al valore dell’azienda o del progetto.
È una procedura complessa ma, a nostro avviso, è l’unico modo per sedersi al tavolo con degli investitori sapendo in anticipo:
- Quanto vale l’azienda o la start-up
- Quanto sarà in grado di generare in futuro
- Che percentuale cedere agli investitori
- La valutazione pre-money
- La valutazione post-money
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